Sedici è un numero apparentemente come tutti gli altri, ma per il piccolo Luca è un numero fortunato.
Quando Luca viene al mondo a maggio 2020 e ad accoglierlo ci sono i sorrisi di mamma Barbara e papà Andrea, e poi c’è Marco, il suo fratellino di tre anni, che per ben nove mesi aveva osservato il pancione di mamma mostrando un pizzico di gelosia, come spesso accade al primogenito, nel timore gli venissero meno quelle attenzioni che aveva tutte per sé. Poi però è stato proprio Marco a scegliere il nome di Luca, ed è bastato già questo a farlo sentire un ometto generoso e felice quando sarebbe nato il fratello. Oggi Luca ha poco più di due anni e ha un carattere forte: è testardo, determinato e già decide come vuole vestirsi.
Pur essendo ancora così piccolo e inconsapevole, Luca è un importante testimone di quanto sia fondamentale la prevenzione fin dalla nascita. La famiglia, infatti, vive a Roma, e il fatto che Barbara abbia partorito nel Lazio segna il futuro del loro figlio, come lei stessa racconta: «A me sembra assurdo pensare che se Luca fosse nato in un’altra regione, oggi non staremmo qui a parlarne serenamente». All’epoca, infatti, il Lazio e la Toscana sono le uniche due regioni pilota ad adottare uno specifico screening neonatale allargato all’atrofia muscolare spinale. «Subito dopo il parto – racconta Barbara – mi hanno chiesto di sottoporre Luca a questo screening neonatale, ma mai avrei immaginato quanto si sarebbe rivelato importante».
«Credo fermamente che lo screening dovrebbe essere obbligatorio e accessibile a ogni bambino, in qualunque regione nasca».
Barbara, mamma di Luca
Pochi giorni dopo, infatti, Barbara e suo marito Andrea, ricevono una notizia che mai avrebbero voluto: Luca è nato con una malattia neuromuscolare rara, che compromette progressivamente la capacità motoria, l’atrofia muscolare spinale (Sma). I genitori del piccolo sono increduli e preoccupati, ma fin da subito vengono rassicurati dai medici, perché grazie ai progressi compiuti dalla ricerca scientifica, per questa malattia esiste una terapia che può permettere al loro figlio di crescere come tutti gli altri bambini.
Così Luca, ad appena 16 giorni di vita, ha potuto ricevere una terapia grazie alla quale oggi è totalmente asintomatico, sta procedendo con la normale crescita dei suoi coetanei, ed è seguito dal Centro Nemo di Roma, sotto la guida del Professor Eugenio Mercuri. «Il Prof Mercuri ce lo dice sempre “siete stati fortunati”- racconta Barbara – e noi all’inizio, vista la diagnosi così grave, non capivamo. Poi col tempo abbiamo capito la nostra fortuna ad aver fatto quel test, ad aver scoperto la malattia che era scritta nel Dna di Luca, a poter seguire una terapia che prima non esisteva, e soprattutto a poterla somministrare a Luca prima ancora che si manifestassero i sintomi. Per questo credo fermamente che lo screening dovrebbe essere obbligatorio e accessibile ad ogni bambino, in qualunque regione nasca».
Anche questi sono traguardi raggiunti dalla ricerca scientifica, che ha già permesso di mettere in campo tre terapie disponibili per l’atrofia muscolare spinale (Sma) in grado di incidere sul decorso della malattia.
«La terapia che fa Luca – spiega Barbara – viene somministrata in regime ospedaliero presso il Centro Nemo, ogni sedici settimane. Ora lui è piccolo, non ne ha consapevolezza, ma dovrà farla a vita, e dentro di me c’è sempre un’ombra di preoccupazione. Essendo una biologa però confido in ulteriori progressi della ricerca, e quello che chiedo è di vedere Luca crescere felice».
A sedici mesi ha Luca ha iniziato a camminare, va al nido, gioca e sta bene, ma è proprio a sostegno della prevenzione e della ricerca che Barbara ha superato la sua innata riservatezza e ha deciso di raccontarsi.
«Per carattere sono sempre stata molto discreta e all’inizio non ne parlavo, anche perché non volevamo che Luca fosse visto in modo diverso dagli altri bambini. Ma poi – sorride Barbara – abbiamo fatto outing perché noi abbiamo vissuto sulla nostra pelle sia il valore della prevenzione che le conquiste della ricerca scientifica, e condividere è il nostro modo per aiutare tanti altri bambini ad avere la stessa fortuna del nostro Luca».
«Il mio pensiero va ai medici che ci hanno aiutato, ma anche a tutte le famiglie che ancora vivono nel buio aspettando una diagnosi. Possiamo fare qualcosa di grande per loro».
Barbara, mamma di Luca
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